venerdì 23 febbraio 2018

Vestibilità dell’amore e dei jeans. Teorema sulla giusta taglia. O se preferisci, quando trovi il jeans giusto, compralo e non lasciarlo più .

C’è un momento, in tutte le relazioni post 30, che definire di grande imbarazzo, è dire poco.
Lo hai conosciuto per caso, lui ti piace e per piacere intendo che sembra avere una vita adulta regolare. Uno che puoi infilare nella categoria: inquilino autonomo in affitto, con lavoro semi stabile (almeno non sogna più di fare il calciatore), fa ancora sport però, perché, come te, ha chiaro che la bellezza del ciuco ha imboccato il viale del tramonto; può permettersi di offrirti una pizza perché, se è vero che sei una donna moderna che crede nella parità dei sessi senza nemmeno avere bisogno di dirlo, è pur vero che una pizza offerta è il minimo sindacale richiesto e, soprattutto, lui non sembra un impegno-fobico. Ora sia ben chiaro, tu non lo sai ancora, ma è altamente probabile che, invece, lo sia un impegno-fobico della peggior specie e, alla fine della fiera, proverà anche a farti sentire una donnetta oppressiva e insicura.
Dunque, tu e il maschio in questione, uscite da un paio di mesi e il momento che entrambi temevate, è arrivato. Quel sentore sbiadito dapprima, più forte ad ogni bacio, che all’improvviso rotolerà fuori dalla tua lingua in una frase di questo genere: “ma io e te, cosa siamo”? Oppure, “Dove stiamo andando”?
Non importa quanto tu non voglia essere quella che fa la domanda, alla fine la farai, perché, nella stragrande maggioranza dei casi, a noi donne tocca lo scotto biologico dell’essere più mature.
Hai superato da un pezzo i 30, gli anni dei sabato sera inconcludenti e leggeri come l’elio, sono stati spazzati via dalle troppe visioni di Bridget Jones e Sex and the City, con l’unica, piccolissima differenza che tu, non hai Mr Darcy o Mr Big a farti compagnia, vero? Forse eri una che trascorreva le quarantotto ore del week end in discoteca senza mai tornare a casa fino alla domenica mattina dopo l’immancabile cornetto all’alba; probabilmente eri una da pub e musica dal vivo sotto fiumi di birra alla spina a fare da groupie al chitarrista di turno, bello, dannato e convinto di essere il Kurt Cobain del nuovo millennio, tranne poi essere una bruttissima copia di una sottospecie di rock star dell’interland della Seattle anni ’90 e noi siamo nel primo ventennio dei 2000, o forse, eri una da Cosmo con le amiche e sesso tantrico con il bello della palestra, cervello grande quanto una nocciolina e una tavola da surf al posto degli addominali. Chiunque tu sia stata, quello è il passato ragazza! Non hai più 20 anni, ma nemmeno 25 purtroppo e neppure 30, ne hai quasi 40 e, semplicemente, non ti va più di iniziare qualcosa che già sai non porterà a nulla e, sebbene, tu non abbia la minima idea di dove diamine tu stia andando, quello che sai con assoluta certezza, è dove non vuoi andare a finire, nel giro dei whatsapp settimanali del maschio in questione. Ed è proprio per questo che ti usi violenza ora e gli chiedi: “Che direzione sta prendendo questa cosa tra di noi”?
Ora, il volto del maschio alfa starà passando in rassegna ogni gradazione di rosso esistente in natura, anzi, in alcuni, nemmeno troppo rari casi, sembra che sul volto del malcapitato si palesi una tela del grande Pollock; lo sguardo a cercare la via di fuga più vicina, puoi facilmente dedurre, dalla velocità dei suoi pensieri quasi palpabili, che sta velocemente calcolando i risparmi del suo conto in banca, per acquistare un biglietto di sola andata per lo Yemen, ma tu, un po’ per buona educazione ché ti hanno insegnato che non si interrompe il flusso di coscienza di nessuno, neppure di un primate come quello che hai di fronte, un po’ per banale curiosità, perché vuoi vedere dove andrà a parare e un po’, perché se stronzo deve essere, non sarai di certo tu, a rendergli il lavoro sporco più semplice e meno imbarazzante, lo lasci annaspare.
“Tesoro, sei una ragazza straordinaria…” che di solito è l’incipit del più celebre “non sono alla ricerca di una storia seria al momento” o, del sempreverde “il problema non sei tu, sono io”.
Amica, guardiamoci negli occhi con sincerità. La verità, è che non gli piaci abbastanza. Non farlo, non lasciarti alla disperazione. Lo so, la tentazione è forte. Lui è bello, ti piace tanto e il cliché dell’amore impossibile che solo tu puoi salvare, bussa di nuovo forte alla tua porta. Non aprire quella porta! È un horror mediocre che già conosci a memoria. Sbattigliela forte sul muso quella maledetta porta. Tu vali più di questi patetici siparietti, devi solo scoprirlo. Ho due notizie per te. Una buona e una cattiva. La buona è che hai coraggio a sufficienza per affrontare il viaggio, la cattiva, è che sarà il viaggio più estenuante di tutta la tua intera esistenza, più stancante del partorire e crescere un figlio. La strada della consapevolezza di sé è lunga, tortuosa, complessa e infinitamente variabile e, soprattutto, dolorosa. È come entrare in una casa degli specchi di indefinite dimensioni. Ad ogni incontro la tua immagine si deforma, si accorcia fino al paradosso, facendoti sembrare nulla più di un nano da circo, altre volte si allunga a dismisura facendoti compiacere fin troppo del riverbero della tua immagine, ma alla fine della casa, sarai dall’altra parte di te stessa e ne sarà valsa la pena. O almeno, così dicono, io sono nel bel mezzo del mio viaggio ed è un cazzo di casino, credetemi. Non mi allungo di un centimetro, eppure, faccio stretching a vagonate. Ma mi sono accartocciata troppo in passato e ora, è dura, mantenere la posizione eretta. Quanto è facile scegliere un amore non corrisposto? Un amore che ti faccia soffrire, che ti faccia dire lui non mi ama con relativo interrogatorio in loop nel cervello “perché non mi ama? Cosa ho che non va”? Credimi, è un vecchio, vecchissimo meccanismo di protezione. Più non ti ama, più ti condanni alla sofferenza e più ti regali alla sofferenza, più te ne resti in disparte e ti guardi bene dal metterti in gioco e te ne resti appallottolata come un cazzo di armadillo nel tuo dolore, un divano, l’immancabile coperta e un kg di gelato che poi tra un mese rimpiangerai e un film strappalacrime. Ora, anche se la mia versione del dolore contempla un litro di vino rosso, patatine e Tarantino, io ti capisco benissimo. La felicità è faticosa. Richiede una presa di posizione, richiede costanza, pazienza, una buona dose di tolleranza e un continuo lavorio di introspezione. Nono so te, ma io sono già stanca al solo pensiero. Non parlo di queste robe New Age. Avrò provato duecento corsi di Yoga, solo che mi rivedo di più nel connubio Namasté e Vaffanculo. Ecco, mi sa che dello Yoga, non ho colto qualcosina, per dire.
Dall’altro lato, invece, un amore corrisposto mette in circolo tutta una serie di energie super potenti che rischiano di darti alla testa. È tutto un continuo confrontarsi. Non sei più un’isola. Sei un piccolo arcipelago. Ed è stressante. Devi continuamente esplorare lati di te che non sapevi neppure esistessero e, non sempre ti piacciono. Quasi mai, ammettiamolo. Devi farti un milione di domande, trovare risposte e non si accettano rinvii a giudizio. E scoprire, per esempio, che pensavi di baciare abbastanza il tuo uomo per poi scoprire che no, non lo fai e allora è tutto un perché? Perché non lo baci come vuole lui? Perché non lo ami? Perché non ti piace? E ti troverai a voler scappare e dirai cose insensate tipo, vado a spegnere il forno, per trovare il silenzio necessario a levarti dall’imbarazzo di una discussione che, in primo luogo, non credevi nemmeno necessaria, ma lui spingerà e spingerà fino a quando non avrà la sua risposta e tu farai lo stesso con lui. E, alla fine, è solo che sei fatta di merda e sei scostante. Pensavi di sapere tutto di te e ora scopri che sei scostante e che quando dormi non ti devono toccare. Capisci che intendo? Il vero amore si interroga ed è un cazzo di casino!
Scegliere un amore minato alla base, uno di quelli in cui è chiaro come il sole che non andrete lontano perché sei sempre sulla tua isola e lui sulla sua, significa dire: “aspetto un altro giro di giostra prima di provare ad essere felice”. E non è che non vada bene. Non credo che si sia completi solo in una situazione di coppia, al contrario, credo che non puoi stare in coppia se non sei completa come essere umano, ma credo anche, che ci si conosce per analogie e differenze e farlo con chi ti ama e ti sprona a guardarti con i suoi occhi sia doloroso, ma liberatorio.
Quando mi dicevano che l’amore non è la battaglia emotiva che credevo necessaria alla vita,
non ci credevo. Ho sempre pensato che amore fosse sinonimo di follia, guerra, cecità e tempesta. Mi sbagliavo a metà. Quello è il modo che una combattente come me conosce per farsi largo nel mondo, da sola. È il modo di amare che si impara quando non si è mai stati amati, o meglio, quando abbiamo sentito che la nostra essenza sfuggiva all’oggetto del nostro amore. Quel modo fatto di cieca ostinazione e autodeterminazione. Lo vedi il denominatore comune di egocentrismo ed egoismo?
Poi lungo il cammino, rischi di scoprire che, invece, l’amore dovrebbe essere l’opposto e può esserlo. Porsi cioè, in una condizione di ascolto di sé, dell’altro e del mondo, in un processo sopraffino di osmosi.
Non c’è un granché di scelta in amore. Ti deve stare da Dio. È uno di quei casi in cui sei di fronte al dubbio amletico “quel jeans lo compro, sì o no”? Si allargherà, o in altri casi, si restringerà? Il punto è che l’amore è quel paio di jeans perfetti che tutte sogniamo di comprare. Quello che finalmente ti farà il culo cosmico che ti meriti e buonanotte, JLO!
L’uomo giusto lo senti. È vero. Ti calza a pennello, come un cazzo di guanto. E il segreto è tutto lì. Quando senti che il tuo corpo si incastra a perfezione con il suo. Quando non riesci a pensare a un sabato sera migliore di quello trascorso con lui a fare anche nulla. Quando i sorrisi sono tutti belli, ma il suo è l’unico che ti accende.
Quello giusto è un continuo volersi togliersi le scarpe per entrare in casa, insieme.
Quello giusto è mani che si cercano, bocche che si riempiono di baci, parole e progetti.
Quello giusto è il primo che sceglieresti in squadra, ogni volta.
Quello giusto è quello che ribalta l’idea che avevi di te; che ti fa essere una nuova e migliore versione di te. Una te 2.0.
Ed è vero, non è facile. È difficile, profondo, destabilizzante e richiede la capacità di concentrazione e di pace interiore di un monaco buddista alla ricerca del nirvana. Ma la corsa è pazzesca, di quando in quando, capita che vi fermiate a godere il panorama e allora capisci che le relazioni d’amore, in fondo, sono questo, essere lì per l’altro, stringergli la mano e guardare insieme nella stessa direzione. Possibilmente, con una sua mano sul tuo culo e l’altra a coprirti la schiena.

Quindi, tutto questo lungo post per dire cosa, cara Michela?
Che se il tuo “jeans“ non ti fascia il culo come vuoi tu, amica lascialo andare. Non hai davvero più tempo per questo.
Deve calzarti a pennello. Deve essere il jeans che non butterai mai più. Non importa quanto ingrasserai o quanto dimagrirai. Quello, sarà il jeans nel quale vorrai rientrare per il resto dei tuoi giorni.
O così, o passa ai jeggins!

martedì 13 febbraio 2018

Sesso per noi donne. Istruzioni per l'uso.

“Last time i saw you, we just split in two”.

Non mi sono mai goduta il sesso come mi sembrava dovessi fare. Mentre tutti intorno a me sembravano vivere per scopare o, a volte, scopare per vivere, io ero più incline a trascorrere il mio tempo leggendo. Giuro. Spesso, mi sono chiesta come mai mi accadesse di provare un totale disinteresse per il sesso. Di base sono una pudica, per indole, più che per educazione. Sono stata allevata da una madre tanto moderna, quanto riservata. A me “il discorso sulla grande S” non è mai stato fatto, quando andavo a scuola, di educazione sessuale non se ne parlava e, in generale, la mia conoscenza sul tema, durante l’adolescenza, mi veniva in egual misura dalla lettura de “I ragazzi dello Zoo di Berlino” e la visione del giovedì sera di “Beverly Hills 90210”. Come dire se scopi hai due possibilità: o muori e ti becchi l’epatite, quando ti va bene o, rischi una gravidanza indesiderata (chi se la dimentica Brenda con la cacarella da primo test di gravidanza) o, ancora, lui si prende ciò che vuole e poi, ciao. Ecco, questo punto in particolare, di devota passività, l’idea che un ragazzo dovesse venire a cogliere il mio fiore, come si diceva un tempo, mi dava la nausea. Mi era chiaro, già da giovanissima che, al limite, il fiore te lo davo io e per evitare l’imbarazzo, mi sembrava geniale l’idea di prendere quel fiore e strapparlo dal prato. Non sono mai stata una persona paziente. Una volta compreso il fine ultimo, mi sembrava stupido stare seduta ad aspettare. Via il dente, via il dolore. Della serie, se proprio devo, decido io dove e quando. Mi ci sono voluti anni e anni per capire quale enorme stupidaggine io abbia fatto. La cosa positiva è che da quella scelta sbagliata in poi, non ho mai più smesso e ho sviluppato, una sorta di fiuto infallibile nel prendere sempre, la scelta più sbagliata possibile. Ognuno ha il suo talento, o no?
Comunque, da mia madre ho ereditato questa idea obsoleta, che il sesso sia una questione intima. Lo so, sono nata nell’epoca storica sbagliata. Questi rapporti alla Gilmore Girls, madre/amica mi fanno paura. A me, mia madre ha sempre detto “ci sono cose che una madre non vuole sapere”. Analogamente, ci sono cose che nemmeno una figlia vuole sapere. Virginia per esempio esplode in una smorfia di disgusto all’idea di vedermi baciare un uomo.
Crescendo poi, ho avuto modo di comprovare a me stessa, che la maggior parte delle donne, nutrono il mio stesso imbarazzo a parlare di sesso. Concettualmente, questo è un atteggiamento che mi fa inorridire. Sono una femminista e vorrei davvero che donne e uomini vivessero la vita partendo dagli stessi strumenti, ma non è così. Il sesso ne è la prova. Non solo nell’attività sessuale, poiché se un uomo cambia continuamente partner, allora, è un gran figo, mentre, se lo fa la donna, allora è una di facile costumi, una Lady Godiva de’noantri. Ma, anche dal punto di vista comunicativo. L’idea della masturbazione femminile è stata in pratica, appena sdoganata, e, anche a questo giro, tocca ringraziare Sex and the City. Della masturbazione maschile se ne parla in pratica, dalla Magna Grecia in poi. Noi donne quando ne parliamo, cerchiamo di essere aggraziate e comunque, non entriamo nei dettagli. Certo, ognuna di noi ha una Samantha per amica. Ma quando si parla di sesso siamo tutte Charlotte, collana di perle e mezzi tacchi inclusi. Anche tra amiche del cuore, dobbiamo sempre superare quella frazione di secondo in cui ti chiedi “Oddio, starà bene dirlo”? e su whatsapp dietro ogni gruppo chat di chiacchiera tra donne, troverete sempre un paio di emoticon di imbarazzo. Poi se ne parla, eh? Ma l’emoticon di imbarazzo c’è sempre.
Ecco nei gruppi whatsapp, o davanti a un caffè, o durante una ceretta (ndr ogni riferimento a luoghi e persone non è puramente casuale) la parola pene non la troverete, al massimo uccello e comunque noi si preferiscono le metafore, vero? Metafore, tra noi mamme con bambini va forte l’evergreen del pennello, solo che per essere più al passo coi tempi, si è passate al pennarello. Quindi, potrà capitarti di incontrare una mamma amica che ti racconta dell’uniposca del marito che quando poi lo incontri al pranzo di fine anno, vorresti sotterrarti perché già sai che finirai per guardargli la patta dei pantaloni, un’altra ti racconterà di come il personal trainer le stia insegnando a colorare senza uscire dagli spazi. Un’altra, che magari ha divorziato e ha iniziato una nuova storia, si sentirà chiedere da tutte le amiche mamme, ma il pennarello ha punta doppia o punta fine? In ogni caso, potrebbe stupire, quanto le donne trovino interessante, ma imbarazzante parlare di sesso.
Personalmente, credo di aver sempre sbagliato compagnia. Mi spiego. A lungo, ho creduto di aver compiuto il peccato originale, in quanto, come spesso accade, ho perso la mia verginità con il ragazzo meno idoneo del pianeta terra a sfiorarmi. Un ragazzo che si appresta ad accompagnare una donna lungo il primo rapporto sessuale, dovrebbe superare un test scritto e guadagnarsi il patentino di sverginatore. Il mio ragazzo dell’epoca, invece, era un neandertaliano di prima pacca, senza il minimo tatto e la conoscenza dell’anatomia femminile pari a quella di uno scimpanzé. Cioè, che al limite poteva passare il tempo a spulciarsi il pennarello, per dire.
Da quel momento in poi, come capita a molte di noi, ho pensato (e diamine, magari avessi azionato il cervello anche prima) “bé, alla fine si fa questo gran parlare della verginità, ma ieri ce l’avevo ed ero qui, oggi l’ho persa e sono ancora qui”. Mi sembrava non fosse cambiato un granché. Ci sono voluti altri dieci anni di sesso sbagliato, di sesso inutile, di sesso orribile, di sesso inconsapevole ed acerbo per capire che il sesso può essere un dono meraviglioso, a patto che trovi l’uomo giusto. In caso contrario, non lo fare. Aspetta. Ne vale la pena. Ecco cosa dirò amia figlia. E queste saranno le poche parole che consumerò sull’argomento.
Il sesso l’ho sempre guardato dal buco della serratura. Un po’ con la curiosità della scienza, cosa accade nel nostro cervello durante un orgasmo? Perché l’umanità tutta si muove nella stessa direzione del sesso? E un po’ con il mio più classico atteggiamento nerd, dal vorrei essere androgina, all’iscrizione al sito degli asessuati. Lungo questo difficile percorso poi, parlando con alcune mie compagne di avventura e di chat whatsapp, ho potuto appurare che, in definitiva, anche nel sesso, è possibile sopravvivere solo istruendo te stessa. La conoscenza rende liberi, lo sostengo da sempre ed è vero, se ascolti i racconti di qualche tua amica, puoi scoprire come evitare delle voragini che ti inghiottirebbero in inutili sprechi di tempo ed energia, è per questo che ho pensato di riportarvi brevemente un piccolo elenco dei tipi sessuali, di modo che possiate riconoscerli da principio e scegliere se proseguire o scappare prima del dessert.

1) Il Trivellatore. Questo tipo umano, è segretamente convinto che all’interno della vagina, si nasconda il bottino dell’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson. Di norma non conosce l’anatomia femminile, egli è infatti convinto che se scaverà bene, alla fine, il suo pene creerà un varco su un altro mondo, quello dell’ano. Amiche, il Trivellatore lo riconoscerete dal bacio che non è deciso, no, è più un tentativo di omicidio per asfissia. Caro Trivellatore, la lingua serve a parlare, baciare e leccare non a bloccare le vie aeree.
2) Il Fisico. Lui lo riconosci dalla precisione certosina dei movimenti. È uno che quando ti stende valuta velocemente l’inclinazione del tuo bacino in relazione con l’angolo retto prodotto dalle sue anche tra le tue cosce. A una certa ti chiederà la somma dei cateti e se ti piace più veloce ché lui conosce a menadito le leggi della termodinamica. Il suo bacio è studiato e per nulla naturale. Consigliato a tutte quelle che, il sesso è questione di numeri e pratica.
3) Braccio di ferro. Tipo umanoide molto diffuso tra i portatori di pene. Uno che Redbull ti mette le ali. Di solito lo trovi accanto al bilanciere in palestra. Muscoli pompati e micro pene che poi una non è che cerca le dimensioni sia chiaro, ma uno che gli piace più il suo bicipite del tuo culo, amica fatti una domanda e datti una risposta.
4) Il Chiacchierone. Mentre siete nell’atto di copulare, ti riempie la testa di parole che a un certo punto ti senti smarrita nel mezzo del cammin di nostra vita e ti domandi quando finirà con le chiacchiere e inizierà il lavoro sporco per il quale lo hai interpellato: farti venire un orgasmo, non il mal di testa per inquinamento acustico!
5) Il Laureato. Questo non ti sta scopando amica, è più concentrato a perseguire la laurea cum laude in sessuologia. Ogni trenta secondi ti domanda cosa provi se ti tocca qui o se ti tocca lì. Non sei la sua donna, non sei il suo grande amore, sei il suo ateneo. Quando avrà finito con te, andrà a studiare altrove. In questo caso, il mio consiglio è, vendica sul laureato, le tue frustrazioni universitarie. Sii la più esigente delle prof, almeno ci guadagnerete entrambi, lui in conoscenza, tu in ringiovanimento cellulare.
6) Il Chierichetto. Tra un cunnilingus e un amplesso ti sciorina tutto il calendario cristiano cattolico. “OH GESU’!” “OH MADONNA MIA!” “OH VOLTO SANTO!” Avete presente, no amiche? Poi dicono che questo non è un paese altamente influenzato dalla presenza del Vaticano.
7) L’aficionado Youporn. Alle soglie dei quaranta, ancora non ha compreso che la pornografia crea falsi miti. Allora cari aficionados, noi donne proviamo a spiegarvelo un’altra volta. Ripetete dopo di me: LE DIMENSIONI NON CONTANO se poi non lo sapete usare. Non siamo fatte di gomma e a un certo punto ci spezziamo anche noi. La nostra apertura di cosce non è direttamente proporzionale al vostro desiderio di smontarci.
8) Il Superstizioso. Lui per religione lo fa una volta a settimana. Stesso giorno, stesso luogo, nelle stesse posizioni. È un tipo d’uomo che pensa, erroneamente, di poter pigiare qualche tasto, sempre gli stessi ovviamente, per procurarvi piacere. Di norma, il rapporto sessuale lo stressa enormemente, soffre di eiaculazione precoce e si prepara all’atto, con preservativi o unguenti ritardanti.
9) Il Coniglietto. Ogni donna ha avuto la sventura di incontrarne uno. Tempo stimato per l’operazione 60 secondi, entra, esplora, alza la coppa al cielo nel suo personale stile THE CHAAAAAMPIONNNN e invece, tu donna, riesci solo a pensare, non pervenuto.
10) Il Cavaliere. Ultimo, ma non per importanza, egli si preoccupa di osservare le rigide regole del Galateo. È il tipo di uomo che chiede il permesso prima di muoversi. “Posso baciarti”? “Ti darà mica fastidio se te la lecco”? “Hai problemi se ti infilo un dito nell’ano”? e su quest’ultima ci sarebbe da aprire un dibattito. Ma non finisce qui, amiche lui vi chiede il permesso di raggiungere l’orgasmo e alla fine di tutto il cerimoniale consumato in 120 secondi, vi chiederà, “Ti è piaciuto”? Amico, se me lo chiedi vuol dire che sai perfettamente che, no, non mi è piaciuto affatto.

Insomma, quella dei rapporti sessuali è una strada tortuosa. Un ginepraio, nel quale è meglio che tu impari a muoverti in fretta con passo deciso e svelto. È importante che tu abbia piena consapevolezza di chi sei, cosa vuoi e soprattutto, di come lo vuoi. A molti uomini non dovrebbe essere concesso di accoppiarsi perché è per colpa di questi individui, che molte donne che potrebbero avere una sana, equilibrata e gioiosa vita sessuale, invece si ritrovano a chiedersi sempre più spesso: sarò mica frigida?

Personalmente, non apprezzo nessuno dei tipi umani su citati. Quando pensavo che per me il sesso fosse stato solo materia riproduttiva, condannato a rimanere merce di scambio tra uomini e donne, ho invece avuto in dono la più bella e profonda esperienza sessuale della mia intera esistenza. Ho incontrato un uomo che in qualche modo ha percepito che a me il sesso comunemente inteso, non mi scompiglia. Lui ha da subito capito che preferisco farlo con la testa per un tempo illimitato prima che possa anche solo sfiorarmi. Quest’orco d’uomo ha capito che se fai sesso col mio corpo, allora, semplicemente, non lo fai con me, ché io risiedo nel mio stesso cervello e non altrove.
Quando lo guardo vedo cosa vede lui quando vede me ed è subito amore che esplode in ogni direzione possibile. Un amore impossibile da contenere. Un amore che esplode in amplessi di indefiniti spazi e interminabili battiti di vita vera.

Non ho risposte alla maggior parte delle domande che mi porge Virginia. Di norma, sono una donna che ragiona nell’ottica del dubbio. Qualcosa invece l’ho pienamente compresa della vita, dell’amore e quindi del sesso, che, non è come credevo una parte marginale nella storia di un uomo e di una donna che decidono di camminare insieme per un pezzo di vita. Ho capito che, l’unica cosa che conta è trovare qualcuno che ti spieghi chi sei, che ti baci come se da quel bacio dipendesse la sua stessa vita e che ti abbracci tanto, con tutto il corpo non solo con le braccia.
Qualcuno che farci l’amore significa ricongiungerti con la parte di te che avevi smarrito. Il tuo doppio. Il tuo gemello.
Se non sarà così, bimba lascialo a qualcun’altra perché non gli piaci abbastanza. Alla fine quello giusto arriva. Sempre.
Promesso.



“Last time I saw you we just split in two
You was looking at me
I was looking at you
Had a way so familiar
I could not recognize
‘Cause you had blood in your face, I had blood in my eyes
But I could swear by your expression
That the pain down in your soul
Was the same as down in mine”

The Origin Of Love- Hedwig and the Angry Inch

domenica 4 febbraio 2018

Il primo amore, il suo dolce inganno e la libertà.


Il primo amore è un’enorme bugia.
A questo punto, conquistata questa consapevolezza, dovremmo tutti fare pace con l’incontrovertibile seguente verità: il primo amore è un comodo nascondiglio dalla realtà, nel quale troviamo facile riparo per giustificare la nostra infelicità.
In altre parole, il primo amore è la nostra coperta di Linus, ovvero l’oggetto transizionale che aiuta il bambino nella fase di sviluppo dell’io e di differenziazione dalla madre. Il bambino lo sceglie autonomamente tra mille. Non importa quanto gli altri giocattoli siano costosi, scintillanti, nuovi e con più possibilità di gioco, il bambino compie la sua scelta in maniera naturale, dando retta alla sensazione che quell’oggetto gli trasmette. Qualcosa che sa di morbido e caldo, qualcosa che sa di mamma. È una fase delicata così come delicato, è l’intero processo di crescita e di distacco dalla madre, ma alla fine il bambino si emancipa dalla sua copertina e si lancia nella vita. Nel corso del suo viaggio quel bambino, incontrerà molti altri simboli totem, che l’aiuteranno a comprendere meglio la sua identità e la sua storia, ma nessuno eguaglierà il sentimento di appartenenza e di unione che nutriva per quella copertina. Le mie amiche mamme sapranno dirvi se sbaglio.
Di fronte al primo amore però alcuni di noi, si comportano come un bambino con un patologico attaccamento alla sua copertina. Non riusciamo a lasciarlo andare e ci aggrappiamo alla sua realtà simbolica, con la medesima tenacia con cui il celebre personaggio dei Peanuts trascina dietro di sé la sua copertina.
Ecco, quando la vita si fa vera le relazioni si fanno adulte e richiedono la nostra partecipazione attiva con una serie di prese di posizione, alcuni di noi corrono a rifugiarsi nel ricordo del primo amore. Uno schema mentale altamente adolescenziale, una ridicola illusione che se la nostra vita non è la favola che ci eravamo raccontati sarebbe stata, è perché abbiamo incontrato il primo nel momento sbagliato, troppo presto, troppo tardi, non ancora. Quindi, restiamo lì, in quel patetico gioco alla sliding doors, ve lo ricordate il film? Quanti di noi hanno pensato che quel film fosse la copia carbone delle nostre vite? Il destino che si beffa della nostra vita, della nostra favola.
Voglio la favola! Voglio la favola! Voglio la favola! E nel frattempo, mettiamo in standby il cuore perché se l’amore che ho di fronte non è assolutamente perfetto, allora non mi scomodo nemmeno a viverlo! E lì restiamo, in attesa di un sentimento che ci risolva la vita. Mi domando, non è follia questa? Preferiamo ciondolare in un’esistenza di infelicità e vuoti emotivi piuttosto che costruire qualcosa che ci ricordi che siamo vivi e che siamo capaci, come il resto della popolazione mondiale, di amare.

Invecchiamo e ci aggrappiamo alla nostalgia del se ipotetico.
Tutti quei se avessi potuto, voluto, dovuto tesi al sole, come panni ad asciugare, col loro profumo di pulito e di nuovo.
Godiamo della malinconia delle aspettative che ci sembrano sempre più promettenti della realtà e non ci rendiamo conto di quanto sia l’aspettativa stessa, un tranello.
Infatti, solo chi non agisce è al sicuro dall’errore. Analogamente, solo coloro che non ci vivono, non ci possono deludere. C’è forse, qualcosa di romantico in tutto questo che mi sono persa? Non credo. È, a ben guardare, un atteggiamento vigliacco che ci intrappola e ci fa ricurvare su noi stessi, tagliandoci fuori dal mondo che ci circonda e, di conseguenza, da ogni possibilità di essere felici. Scriviamo canzoni, libri e film sulla ricerca spasmodica della felicità e poi la rifuggiamo. Che esseri buffi siamo. Vero?
Vivere l’illusione del ricordo del primo amore ben oltre i 30 è solo l’ennesimo tentativo di auto sabotaggio. Il tiro mancino che giochiamo a noi stessi, perché quando al panno verde chiedono l’all-in, tu hai, l’impellenza di cambiare carte. Ancora una volta. Finisce così che nelle tue partite non “vedi” mai. Arriva sempre qualcun altro a vincere il tuo piatto. Non è vero?

Il primo amore è la scusa delle scuse, il tentativo, un po’ egoista, di impedire a noi stessi di essere felici. Conosco un uomo che potrebbe raccontarvi quale perversa campionessa io sia, a questo gioco. Ci vuole costanza a mandare tutto all’aria. Sempre. La buona notizia è che sto cercando di cambiare. La cattiva, è che non so, se durante il tragitto, mieterò altre vittime.
Sto cercando di cambiare. È vero. Lo giuro, perché, alla fine dei conti, al netto della paura di mettermi alla prova, quindi al netto di me, se è vero che siamo la somma delle nostre paure e delle nostre speranze, non mi restava altro che un desiderio irrealizzato, un’aspettativa mancata. Non potevo mai dire, -“almeno ci ho provato”. Sì, perché se c’è una cosa che ho capito alla soglia dei 36 è che restare, non significa quasi mai provare. Sono rimasta in quasi tutte le mie relazioni a lungo, molto, ma molto più a lungo di quanto in verità, ci fossi stata. Erano relazioni fantasma, tutte erano destinate a perire perché, indovinate? In nessuna di queste, c’era lui. Il mio primo amore. Ho trascorso gli anni della mia educazione sentimentale, costruendo un ideale irraggiungibile e poi lo distruggevo, in un ciclo infinito di Eros e Thanatos. Amore e morte, tutto e nulla. Un ideale inarrivabile anche a sé stesso. Lo so, sembra un paradosso. La verità, che prima mi era oscura e che ora, invece mi è chiara, è, che negli ultimi dieci anni, se anche il mio primo amore si fosse ripresentato nella mia vita, non l’avrei fatto entrare e lui non mi avrebbe riconosciuta così, col cuore tutto chiuso che mi ritrovo. E perché mai? Qualche ammaccatura qui e lì e questo, mi ha davvero consentito di arrendermi? Come mi si potrebbe mai amare in queste condizioni? Chi potrebbe mai imparare a conoscermi, tutta raggomitolata su me stessa, con in testa un’illusione vecchia venti anni?

Conosco molte di voi che si comportano come me. Murate in sé stesse. Che si raccontano la storia del ricaricare il cuore. Che ti dicono-“ sono in sciopero del sentire”. Sono stata, siamo state, in sciopero per davvero un tempo interminabile. Come è successo che siamo arrivate a 36 anni, col cuore pieno di piombo?
Siamo tazze vuote, di quelle che si usano per la prima colazione, con la scritta “Fill me up”, riempimi e, diamine bimbe, già questo è sbagliato. Riempimi tu. Pensa tu a me. Demandiamo ad altri, quello che dovremmo fare noi. Renderci pregne, (sarà un caso che, per gli animali, ingravidare si dica rendere pregna)? Unità piene. Quando, invece, l’unica possibilità contemplata, dovrebbe essere, bastare a noi stesse. Da sole. Tutte intere. Integralmente tutte e, a volte, fermarci a guardare il fondo profondo dei nostri vuoti, come fossero fondi di caffè, leggervi il nostro futuro. Fare la loro amicizia. Tenerli stretti come un souvenir dal passato e ricordare, che in quanto tale, non potrà mai offrirci nulla di nuovo. Quindi, attraversare le tempeste che abitano i nostri golfi interni. In altre parole, aprire il nostro cuore al modo indicativo, tempo presente. L’unico che conta, l’unico che veramente ci meriti e, in quel presente, accogliere le infinite possibilità che abbiamo di amare, non già come abbiamo fatto durante il primo amore, ma infinite volte meglio. Con la nozione del sé e di quello che ci accade.

Il primo amore è un inganno. Ci racconta che nulla e nessuno potrà mai eguagliarlo. Agli inganni, puoi decidere di resistere. Ma hai bisogno di una rete di salvataggio, come Ulisse con le sirene, che lui voleva ascoltarne il canto, e i suoi uomini lo legarono e remarono più forte che potevano. Ecco, il mio consiglio in tal senso, è che vi circondiate di una rete sociale forte. La mia, è indistruttibile, tutte donne titaniche.

Il primo amore è una bugia. La mia, è rimasta appiccicata alla mia anima, per diciassette lunghissimi anni. Il ricordo quasi beatificato di un uomo che, da adulto, non conosco nemmeno. Cioè, magari è uno stronzo, per dire. E invece, è pure un tipo intelligente, sportivo e di classe. Della serie, non mi faccio mancare niente. Eppure, quanto era rassicurante, sapere che una parte del mio cuore, sarebbe rimasta, per sempre, preservata dalla possibilità di soffrire per un amore sbagliato? Quanto era più semplice, rendere una parte di me inespugnabile? Spesso ho creduto che l’incantesimo del primo amore fosse finito. A volte l’ho sperato. Ma una parte di me, restava sempre al sicuro. Ho dato la colpa a lui, poverino. Ho dato la colpa ad un sentimento troppo profondo per una poco più che liceale. Ho dato la colpa a mio padre, che per un po’ è stato per me, ciò che i Templari erano per Eco: quelli che c’entrano sempre. Non volevo vedere, non volevo accettare di non essere ancora pronta. Sono diventata madre e non ero ancora pronta. Ho messo fine al mio matrimonio e non ero ancora pronta.
E poi, come in tutti gli incantesimi, qualcuno, un giorno tira il grilletto e lo sono, pronta.
La bellezza, invece, è iniziata quando ho cominciato a scegliere di amarlo, ogni giorno.
E no, non mi è dato sapere nulla del domani e sì, resto un mistero anche per me, ma a ben guardare, non mi serve, se la sua mano è nella mia, io salto, io mi risolvo. E tanto basta, perché è vero, il primo amore è dolcissimo, ma è l’ultimo quello che conta, e a questa mano, non ho paura, chiamo l’all in.